Per le strade di Lisbona si aggira un destino inquieto e cinico, che decide di sconvolgere le esistenze di una donna e di suo figlio, che gioca con gli scheletri nell’armadio di un ex militare, che farà incontrare questi due uomini intrecciando le loro vite in una catartica relazione sensuale al confine indefinito tra dolore e amore.
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Quando Giuliano Brenna, un appassionato conoscitore dell’opera di Marcel Proust, mi contattò per chiedermi se fossi interessato a leggere il suo secondo libro, mi scrisse subito che era completamente diverso da Briscoe Hall, un romanzo erotico gay ambientato nell’Inghilterra di metà Ottocento davvero molto eccitante e, considerato il genere letterario, anche arricchito da una rara raffinatezza della scrittura. Ero rimasto affascinato dalla meticolosità della sua prosa che ho ritrovato con molto piacere, a conferma della sua caratura di autore.
Per motivi completamente diversi anche L’odore dei cortili (Il ramo e la foglia edizioni) mi ha colto di sorpresa. La storia si svolge a Lisbona, al crepuscolo di uno dei regimi autoritari più longevi in Europa nel XX secolo che durò, con una corta pausa, dal 1928 al 1974 quando tornò la democrazia. Nel 2010 il Portogallo fu il sesto paese europeo a promulgare il matrimonio egualitario tra persone dello stesso sesso, ben sei anni prima dell’Italia, rimasta impantanata nelle unioni civili senza stepchild adoption. Il racconto gira intorno a due assi trasversali: le strade e i profumi della capitale lusitana e il lento percorso di formazione alla vita e la scoperta e accettazione a tutto tondo della propria omosessualità di Mattia Rosenberg, il protagonista principale.
Abbandonato dal padre francese prima che nascesse, Mattia resta orfano della madre portoghese quando è ancora piccolo. Uccisa per un equivoco dalla feroce polizia segreta PIDE, Polícia Internacional e de Defesa do Estado (polizia internazionale e di sicurezza dello stato), sarà cresciuto dagli zii restando immerso in sensi di colpa troppo grandi da elaborare per la sua giovane età. Nei successivi passaggi dalla fanciullezza all’adolescenza e all’età responsabile i fantasmi interiori non faranno che crescere a dismisura, contaminando senza tregua la sua introversa e solitaria esistenza.
L’incontro casuale in un posto notturno di anonimi e furtivi incontri erotici gay in un parco cittadino con il Capitano Green, un ex ufficiale della PIDE dalla coscienza nerissima che sarà rivelata un poco alla volta, darà una svolta decisiva al racconto. Come un ragno questi attrarrà Mattia nella tela dei suoi violenti piaceri sessuali sadomasochistici estremi, elegantemente descritti senza remore, che alla fine permetteranno a entrambi, in modi radicalmente opposti, di riconciliarsi con il proprio soverchiante passato.

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Come in Briscoe Hall c’è anche molto amore tra le pagine del libro: l’amore folle di una donna semplice invaghita di un uomo che ha fatto perdere le tracce di sé; l’amore di questa madre per un figlio troppo sensibile e quello infantilmente ingenuo di questo figlio che sente la responsabilità di dover proteggere la madre costi quel che costi; l’amore profondo e nascosto di coppie gay in una società pericolosamente omofobica; l’amore tenuto a freno perché vissuto all’interno di sistemi di pensiero “di destra”, in cui l’omosessualità si vive ma non si può accettare (e questo provocherà delle conseguenze estreme); l’amore significativo, quello che necessità di cura, pazienza e il dovuto tempo per sbocciare.
Il racconto è presentato da un io narrante esterno che dà voce ai fatti che si svolgono, ai pensieri e ai sentimenti dei numerosi personaggi, alla ricostruzione storica e alla geografia della città. La lettura è scorrevole e a tratti colma di nostalgia come un fado. Abbiamo posto alcune domande all’autore.
Qual è stata la spinta a cambiare radicalmente tra il tuo romanzo d’esordio e questo secondo libro?
Sin dalle prime righe che ho scritto pensando a un nuovo romanzo era chiaro per me che sarebbe stato un libro molto diverso da Briscoe Hall, sebbene vi siano molti legami tra i due romanzi. Dopo Briscoe Hall ho iniziato a pensare a come sarebbero potuti evolvere i personaggi di quel romanzo e mi sono venute alla mente varie situazioni e caratteristiche che però via via si sono modificate allontanandosi in modo molto netto dai modelli iniziali. Tuttavia, alcuni dei temi portanti di Briscoe Hall riappaiono in L’odore dei cortili, uno di essi è l’omofobia della società, con le censure che impone alle persone impedendo loro il pieno e armonico sviluppo della personalità e la difficoltà a essere appagati all’interno delle relazioni. In Briscoe Hall uso la sessualità come linguaggio per fare incontrare le persone, che vivono i propri impulsi con gioia, sebbene quest’ultima sia sempre temperata dal timore del giudizio, però è più un timore per elementi venali: il lavoro, la posizione sociale e via così; in Briscoe Hall la pulsione sessuale è agita, non pensata, invece in L’odore dei cortili la sessualità è pensata e anche se agita resta più a livello del pensiero e della riflessione. E comunque sentivo anche la necessità di esprimermi in modo diverso, di proporre un’analisi più profonda dei personaggi, caratterizzarli in modo anche psicologico, non solo comportamentale. E scrivendo questo romanzo so di avere un po’ delusi i fans di Briscoe e Liam che reclamano un sequel, al quale penso sempre e non è detto che non arriverà.
Cosa non è stato colto dai lettori che invece tu ritieni fondamentale?
In parte ti ho risposto nell’altra domanda. Una cosa che qualche recensore ha detto è: “Ma sono tutti gay?”. E qui c’è un punto forse un po’ incompreso. Sono tutti gay perché il faro è puntato su alcuni personaggi con cui Mattia entra in contatto, e rappresentano le varie possibilità che ha di affrontare la sua vita. Ovvero diventare un’ombra nel buio che nasconde le sue pulsioni, oppure essere una checca truccata, o, ancora, un poliziotto o un barista e così via. Non dimentichiamoci che si tratta di un romanzo, non potevo raccontare di tutti gli abitanti di Lisbona, ne ho scelto una sorta di campione ben caratterizzato. Poi Mattia sceglie la sua strada e non rinuncia a essere sé stesso e a perseguire la sua ricerca. Un altro punto che vorrei sottolineare è il personaggio di Lisandro che incarna proprio l’idea dei diritti, è un poliziotto che è l’esatto opposto dei poliziotti della PIDE e rappresenta proprio l’idea dello Stato che si prende cura di tutti, non giudica ma accoglie.
Leggendo in rete varie recensioni mi ha colpito che molto spesso le diverse componenti omosessuali del romanzo sono omesse per non dire rimosse o poco comprese. C’è persino chi ha scritto “Anche il capitano Green che, nel libro, riveste un ruolo importante, vive una sessualità malata”. Cosa ne pensi?
Quando si è trattato di lanciare il libro abbiamo evitato di etichettarlo come romanzo gay, per cercare di farlo giungere a più lettori possibile, le recensioni hanno forse colto maggiormente il significato profondo e universale anziché sottolineare l’orientamento sessuale dei personaggi. La censura interiore, il dolore e il senso di colpa non sono esclusivamente appannaggio dei gay, anche se sicuramente per i gay c’è l’aggiunta dell’omofobia sociale e la difficoltà ad ammettere a sé stessi, prima ancora che agli altri, le proprie inclinazioni. In alcuni casi posso immaginare che la componente omosessuale sia stata rimossa forse proprio per un falso pudore, non credo si sia trattato di omofobia perché allora in quel caso sarebbero state recensioni negative o il silenzio. Oppure avremmo potuto assistere a un fatto simile a quello che vide l’editore in persona fare una postfazione assolutamente negativa a La città perversa di Gore Vidal. Devo aggiungere che alcune realtà gay che ho contattato hanno completamente ignorato il libro, e quindi sono stato felice che abbia avuto una diffusione trasversale. In più abbiamo anche fatto una presentazione del libro imperniata sugli aspetti più specificatamente gay del romanzo.
Il tuo racconto sfiora anche un tema scottante e sempre attuale: il rapporto, irrisolto o irrisolvibile e di solito ipocrita, tra omosessualità e pensiero politico di destra. Perché non lo hai approfondito di più?
Il romanzo vuole proprio sottolineare i pericoli di una dittatura e l’ipocrisia dei suoi sostenitori e appartenenti, come per esempio il capitano Green. Nella narrazione ci sono vari momenti in cui accuso la dittatura salazarista, dunque di destra, di opprimere i cittadini privandoli della libertà di fare le cose più semplici, come scrivere una cartolina, e mi sembra di aver sottolineato come la dittatura per sua natura abbia le mani sporche di sangue. Ho preferito inserire alcune brevi notazioni storiche per inquadrare la narrazione ma ho preferito non dilungarmi sul tema dei diritti, anche perché è vero che c’erano già stati i moti di Stonewall e si iniziava a discutere di diritti ma in Portogallo quella discussione non c’era. Ho preferito puntare il faro sulle nefandezze della dittatura che scendere in particolari forse utili ma che avrebbero appesantito molto la narrazione.