A 15 anni dal debutto torna in una nuova edizione lo spettacolo cult di Filippo Timi in cui veste i panni di Amleto, facendone uno dei suoi irresistibili personaggi come sempre all’insegna dell’irriverenza e tenendosi ben lontano dalla tradizione. Un gioco teatrale anarchico sostenuto dalle incredibili interpretazioni di tutti gli attori e di tutte le attrici presenti in scena. 

 foto di Annapaola Martin

 

Filippo Timi è sicuramente il nostro attore più queer, oltre che scrittore, drammaturgo e regista. Unitosi civilmente e in seguito separatosi dal marito, si divide con eguale successo tra teatro, cinema (per esempio Vincere, Rapito, Favola, quest’ultimo nato prima per la scena e poi portato sullo schermo, dove interpreta un’inquieta casalinga pansessuale) e televisione (I delitti del BarLume).

Avendo deciso circa 15 anni fa di cimentarsi con l’Amleto di Shakespeare, non ci si poteva che aspettare una rilettura originalissima, oltremodo irriverente e provocatoria. Il suo attuale Amleto 2, infatti, di cui ha scritto il testo e firmato la regia, ha già un centinaio di repliche all’attivo e ogni sera e ogni replica non fanno mancare un margine di novità e improvvisazione.

Timi interpreta ovviamente l’ombroso principe di Danimarca, restituendoci il ritratto di un giovanotto annoiato, stanco della famiglia e degli obblighi di corte, ex bambino viziato che non ascolta le voci fuori campo che lo richiamano al suo ineluttabile destino. Sessualmente fluido, dato che si divide tra le grazie di Ofelia e quelle di un giovane e aitante paggio al suo servizio.

“Non so se è stata la sensibilità di Andrée Ruth Shammah a propormi di rifare Amleto proprio quest’anno o se inconsciamente le ho lanciato io l’idea perché percepivo che mi stavo riaffacciando a quell’abisso, ritrovandomi la domanda e mettendomi in pericolo nella risposta, ma con la maturità comprendi che non esistono risposte. Non salgo sul palco per dimostrare la mia preparazione, ma per portare tutta la rincorsa di un bimbetto che gli ballettavano i piedi guardando Singin’ in the Rain: ognuno di noi va in scena con tutta la sua storia e ogni volta che lo fai è il tuo compleanno.”

All’interno di una gabbia simile a quella usata dai circhi per le esibizioni dei domatori vediamo una sorta di trono ligneo circondato da palloncini blu, drappi bianchi pendenti e una gran quantità di paglia al suolo su cui spicca il teschio d’ordinanza, questa volta ricoperto di brillantini. Nell’incipit il principe, alquanto pensieroso, sentenzia sui massimi sistemi mentre accarezza languidamente il suo paggio seminudo (Gabriele Brunelli), quando una voce invisibile lo richiama all’ordine raccontandogli dell’apparizione dello spettro del padre.

Marina Rocco – Elena Lietti – Filippo Timi – Lucia Mascino – ph. Annapaola Martin

Di malavoglia va a incontrarlo, scoprendo però che ha le fattezze di una sposa in bianco (Marina Rocco) la quale è molto interessata ai suoi attributi e tenta avances assai spinte, teoricamente incestuose. A questo punto Amleto/Filippo capisce che deve entrare nei panni del personaggio del Bardo però lo fa indossando il sontuoso abito nero della regina sua madre che, senza mezzi termini, definisce una prostituta.

Già alquanto sorpresi, in proscenio ci aspetta a sipario chiuso, un’incarnazione sexy di Marilyn Monroe (ancora Rocco) che al microfono si definisce “bionda dentro” ed è ossessionata dalla recitazione, tanto da sognare di vincere un Oscar. Lei lascia poi spazio a Gertrude, la vera regina (Lucia Mascino in una comica caricatura). A suon di rumorosissimi peti insulta difatti il figlio intenzionato a censurare la sua condotta immorale e non risparmia pesanti illazioni sulle abitudini sessuali del defunto marito e del cognato Claudio, suo nuovo consorte, entrambi molto propensi alla ripetuta penetrazione anale. La vediamo a lungo a gambe aperte in modo da far riposare le affaticate terga.

Si palesa e non può ovviamente mancare Ofelia (Elena Lietti) che tenta invano di restituire ad Amleto le lettere d’amore ma, invece di riprenderle, lui la bacia appassionatamente mentre echeggia il canto di Lucio Battisti in Comunque bella. La fanciulla, sconcertata dalle parole del principe che – in una sorta di doccia scozzese – subito dopo le dice crudelmente di non amarla, oltre a nutrire orrore per la vita di coppia, si convince della sua follia, già asserita dalla corte.

Filippo Timi e Gabriele Brunelli – ph. Annapaola Martin

Coperta solo da una sensuale calzamaglia color carne con paillettes riappare la Mascino che stavolta racconta di se stessa, del suo desiderio da ragazza di diventare una scienziata e dell’essersi, invece, ritrovata a intraprendere la carriera d’attrice. Segue (citando il plot originale) la scena di Claudio, zio di Amleto e nuovo re dopo aver eliminato il fratello, nella quale lo vediamo pregare in cappella, cosa che impedisce al nipote di ucciderlo per evitare il rischio che il malvagio non finisca, come merita, all’inferno a pagare per il suo delitto.

Non manca il confronto finale del principe con Gertrude quando Timi, in un irridente sprazzo di teatro nel teatro, mette in bocca le sue battute all’attor giovane, prima suo paggio. Assecondando la trama di Shakespeare assistiamo all’agonia di Ofelia, e qui per la prima volta la tragedia prende il posto del grottesco e del barocco. La ragazza, infatti, cerca di resistere e fuggire dalla morte per annegamento e descrive realisticamente tutto l’orrore che un corpo subisce quando va incontro a questa fine.

L’epilogo al cimitero vede sulla sua tomba  l’incontro tra Amleto e il fratello di lei Laerte che si sfideranno a duello per poi morire entrambi, al pari di Claudio e Gertrude. Ma Timi ci riserva un secondo finale ben più allegro: ricompare la sosia di Marilyn, reduce dalla vittoria agli Oscar, che appagata sgranocchia popcorn mentre Sinéad O’Connor intona Nothing Compares To You. Riprendendo il congedo tipico del teatro di varietà, il cast si scatena in una passerella danzante sulle note di Lorella Cuccarini in una delle sue sigle TV.

Marina Rocco – ph. Annapaola Martin

Come si evince, è una pièce dissacrante e piena di brillanti invenzioni che, se può far storcere il naso ai puristi a oltranza, risulta, invece, ricca di fascino e magnetismo, soprattutto grazie all’incredibile energia degli attori, Filippo Timi in primis. Ora principe narcisista, ora regista autoritario che bacchetta gli altri, infine attore di avanspettacolo che a tratti ricorda Petrolini e Carmelo Bene, senza rinunciare a considerazioni che suonano rivolte alla nostra realtà italiana. Legati dalla fruttuosa complicità con lui sono Lucia Mascino che, lasciati i ruoli drammatici, dà sfogo alla sua verve comica e incanta per la potenza vocale; Marina Rocco, tenera e arguta Marilyn alla ricerca del successo; Elena Lietti, qui vittima sacrificale di toccante intensità; Gabriele Brunelli dalla giusta fisicità e versatilità, tutti a lungo festeggiati in una Sala Grande del teatro Franco Parenti di Milano sold out.

Amleto 2, prodotto dal Teatro Franco Parenti di Milano in collaborazione con Fondazione Teatro della Toscana, vi rimane in scena sino al 31 dicembre, poi è in tournée all’Ivo Chiesa di Genova (2-5 gennaio), Ambra Jovinelli di Roma (7-12/1), Giordano di Foggia (14 e 15/1), Piccinni di Bari (16-19/1), Toniolo di Mestre (21-26/1), degli Industri di Grosseto (28 e 29/1), Guglielmi di Massa (30 e 31/1), Manzoni di Pistoia (1 e 2 febbraio) e della Pergola di Firenze (4-9/2).

 

La registrazione dell’edizione 2013 dello spettacolo è disponibile in streaming sul sito RaiPlay