Un po’ dj, un po’ producer, un po’ cantautori (e grazie alla barba lunga e al fisico a tutti gli effetti due icone bear), il progetto Lemandorle (tutto attaccato) pubblica l’album d’esordio con un titolo che sarebbe piaciuto a Pier Vittorio Tondelli: La pizza, il pop, la musica elettronica.
L’esordio su album del progetto Lemandorle ha un titolo ironico e post-moderno, come sarebbe piaciuto a un Tondelli innamorato del weekend: La pizza, il pop, la musica elettronica. Sono un duo, non di fanciulle orientali dagli occhi allungati, ma di uomini con la barba lunga.
Sempre a proposito di weekend, il disco contiene l’inno itpop da 4 milioni di streaming Ti amo il venerdì sera, singolo killer che ha accresciuto esponenzialmente il successo dell’esordio Le Ragazze, già fatto notevole dell’indie italiano nel 2016, col suo piglio elettro-minimal pop Righeira 2.0: e le ragazze/senza i ragazzi/e non c’è Stato Sociale/né Guccini o Pessoa/noi vogliamo l’estate manco fossimo a Goa.
L’appuntamento con il primo album conferma Marco Lombardo e Gianluca Servetti autori intelligenti, freschi, capaci di mettere a segno ritornelli appiccicosi, arrangiamenti amabilmente modernisti, testi capaci di raccontare l’amore, il nostro tempo, il clubbing, la festa, ma anche quella vena di malinconia che arriva con l’alba, quando l’umore comincia a scendere e risalire sull’onda di impulsi e pulsioni.
Dance pop un po’ “it”, un po’ “euro”, che mescola bene chimica (per dirla con Cosmo), emozioni (per dirla con Battisti), quotidianità (più quella di Calcutta, che quella di Tommaso Paradiso), glamour (qualche deriva Pet Shop Boys), eleganza (fra le nuance di Guadagnino e il piglio androgino di Robyn), beat (tra New Order e Daft Punk, caldo e freddo, after e bel mezzo della festa).
Il programma funziona bene dal primo all’ultimo minuto e, oltre ai singoli, si impongono immediatamente all’attenzione almeno Baciami, arricchita dal disarmante talento di Francesco De Leo, Gelato Colorato, intensa e crepuscolare, sicuramente tra gli apici del disco, Da Sola, un vero e proprio duetto con Giorgia dei Manitoba, in grande forma vocale, Le Astronavi, chiusura d’album inquieta ed elusiva, che rallenta in un respiro profondo la velocità di crociera tenuta per tutto il resto del viaggio.
Abbiamo chiesto a Marco, front(bear)man del duo, il numero di telefono per fargli qualche domanda.
Parliamo di identità. Qual è la vostra… intendo dal punto di vista musicale?
Penso sia abbastanza liquida, nel senso che nella nostra musica convivono il club, la canzone, alcuni elementi leggeri con altri più introspettivi e ci sentiamo sia DJ, sia cantautori, sia producer.
Nelle vostre interviste parlate anche di punk: provocazione o anarchia?
Si parla comunque di attitudine e non di stile musicale: oggi un musicista si serve del computer, come a fine anni ’70 i ragazzi tiravano fuori dalla chitarra elettrica i classici tre accordi, senza la mediazione di un apprendimento teorico, o di altri paletti formali, o di strutture complesse. Do it yourself insomma. Anzi do it yourself in your kitchen, visto che tutti i nostri brani sono stati prodotti e registrati nella mia cucina.
Banana Yoshimoto vi fa un baffo. Viene da questo la pizza citata nel titolo dell’album, o è un omaggio a “mangio la pizza e sono il solo sveglio” cantato da Calcutta in Frosinone?
La pizza simboleggia un attaccamento, romantico se vuoi, a certe radici tipicamente italiane. Nel titolo c’è il pop perché vogliamo far cantare, la musica elettronica perché vogliamo far ballare e la pizza perché abbiamo tanta fame
Di cosa?
Di fare sentire le nostre canzoni, di trovare una nostra posizione all’interno del panorama musicale italiano, di un successo duraturo. E poi certamente sono anche un grande fan della pizza, ne ho mangiata e cucinata tantissima nella mia vita, solo ultimamente di meno perché sto cercando di dimagrire…
Lo sai però che se la cura fa effetto, cesserai di essere una icona per il mondo gay ursino?
No, non lo sapevo (risata).
Ok, ora lo sai.
Non credo di correre pericoli, di carne ce n’è in abbondanza…
Tutta debole?
Non saprei (risata)
Intanto per rassicurare i fan abbiamo scelto la foto in canottiera. Dal canto tuo cosa puoi promettere loro, a parte il fatto di non dimagrire troppo? Magari un altro brano come Le Ragazze?
Quello no. Non scriveremmo mai un altro brano come Le Ragazze, o come Ti amo il venerdì sera, costruendoli a tavolino per inseguire con il calcolo delle formule che invece sono nate spontaneamente. La mia promessa può essere proprio quella di continuare a scrivere quello che ci rappresenta in modo sincero, di momento in momento, anche prendendoci il rischio di sbagliare.
I pezzi che hai citato sono stati prima di tutto dei successi virali, cresciuti a suon di streaming sulle piattaforme. Qual è secondo te l’ingrediente segreto che li ha fatti funzionare così tanto e da subito?
Non ne ho la più pallida idea. Ci abbiamo ragionato, ma senza venirne a capo: la verità è che meno ci rifletti, più hai la possibilità di azzeccare. Forse la chiave è la spontaneità: quei due pezzi sono anche i primi due che abbiamo scritto. Non sarà un caso.
L’ultimo?
Le Astronavi
Quindi vi state indirizzando verso un sound più introspettivo?
È un brano che racconta lo spaesamento assoluto che puoi avere alle 11 del mattino in un club, dopo la festa, dopo tutto, ma mentre stai ancora ballando. È vero che è un pezzo introspettivo, ma in chiave clubbing… c’è l’idea, che ultimamente ha sviscerato molto bene Robyn, della malinconia sulla pista da ballo.
Mi sembra un immaginario molto vicino alla queer culture, pensa solo a Confessions On A Dancefloor, o alle disco divas, non è solo questione di spacciatori sbagliati…
Penso sia in generale uno degli aspetti più interessanti del clubbing in sé: più una scena è interessante, più vive proprio di questi contrasti, che sono pieni di significato.
A proposito di contrasti, tu sembri una persona solare mentre l’altro uomo con la barba, Gianluca, sul palco ha un atteggiamento molto più schivo. Come sarà il nuovo live? Farai stage diving per compensare?
Stiamo impostando in questi giorni il live del 2019, abbiamo fatto una novantina di date utilizzando la formula del duo dj/producer e cantante, per cui è possibile che ci siano delle innovazioni, per rendere lo show ancora più adeguato alla dimensione del club. Però non spoileriamo, il tour non partirà prima di fine febbraio.
Ultima domanda sui featuring del disco: Francesco De Leo e Giorgia dei Manitoba. Cosa ci dici del lavoro con loro?
Francesco è un personaggio incredibile. Ha ascoltato Baciami, lo ha interpretato come un viaggio alla Luca Guadagnino e sull’onda dell’ispirazione in due giorni ha registrato la sua parte, poi è sparito nel nulla. Tipico di lui, ma è anche il suo bello. I Manitoba sono secondo noi tra i nuovi talenti di maggiore spessore nella scena indie italiana. Volevamo che Giorgia fosse una sorta di Stevie Nicks periodo Tango In The Night dei Flettwood Mac, credo che il suo featuring vocale sia veramente una performance da brividi.
Con chi vi piacerebbe ancora collaborare?
Si va dai sogni impossibili come Frank Ocean, alle voci italiane per cui ci piacerebbe scrivere, come Francesca Michielin. In realtà sarebbe splendido condividere momenti creativi con più gente possibile, ritrovarsi in tantissimi tutti insieme nello stesso spazio a fare musica
Ti toccherà ristrutturare la cucina.
Vediamo prima come va il tour (ride)