La LGB Alliance è un’organizzazione inglese senza scopo di lucro creata nel 2019 per la sensibilizzazione su temi specifici della comunità lesbo-gay-bisex, e affermare il diritto a definirsi come persone attratte dallo stesso sesso. Può avere senso fondare un’Alleanza LGB Italia? 

Articolo riprodotto con il consenso dell’autore; prima pubblicazione su https://giovannidallorto.wordpress.com/ 

 

Di tanto in tanto ho giocherellato con l’idea di creare anche in Italia qualcosa di simile all’LGB Alliance UK, e ho anche partecipato ad alcune loro conferenze via Skype, ma alla fine ho concluso che non era il caso, per due ragioni.

La prima, la più importante, è che i potenziali compagni di strada che avevo trovato (incluso un torbido gruppo Facebook, autonominatosi “LGB Italia” ma che, secondo quanto “LGB Alliance UK” mi ha detto, non aveva il minimo rapporto con loro) partivano da motivazioni piuttosto di destra. “È ora di dare una lezione a questi rompiscatole di travo.. che hanno rotto il c…! E già che ci siamo, anche a quelle str… delle femministe di m…, perché è solo colpa loro se è nato il “gender”!“.
Decisamente, “not my cup of tea“, come direbbero i perfidi figli di Albione.

Ora, sono perfettamente conscio del fatto che quando stai facendo una battaglia politica, dipingere al peggio possibile i tuoi avversari è la cosa che ti viene più spontanea e naturale. Infatti, i maschi eterosessuali che dominano il Queeristan e le loro ancelle hanno da sempre detto che chiunque dissenta da loro è fascista, anzi molto peggio di Hitler, e visto che nel vasto mondo di esseri umani che ritengono che la realtà conti qualcosina, alcuni sono effettivamente fascisti, è difficile negare che in alcuni casi (umani) ciò possa essere vero.
Tuttavia anche fra coloro che credono che non sia lecito stuprare i bambini ci sono molti fascisti, il che non implica però che opporsi allo stupro dei bambini – o alla loro castrazione chimica – sia “fascista”.

Con buona pace del popolo dai capelli blu, dire che la realtà materiale conta, non è né di destra né di sinistra.
Nella storia, infinite ideologie hanno detto che no, la realtà materiale non conta nulla, che quella che conta è la realtà ideale, spirituale, trascendente. E si è sempre trattato di ideologie di destra, visto che la sinistra esiste per cambiare la realtà materiale, e per cambiarla deve credere che esista.
Tuttavia a questo giro, o girone infernale, la destra ha avuto l’accortezza d’ammantarsi d’un linguaggio di sinistra per proporre un messaggio di destra. Ossia che la realtà materiale non esiste, che viviamo in un mondo di parole (di “narrazioni”) e non di fatti, che cambiare la realtà materiale non conta nulla, perché è a cambiare quella trascendente/spirituale/simbolica che dobbiamo puntare eccetera.
Me lo avete sentito dire molte volte: la “teoria queer” è di destra, e non perché voti per la Meloni (di solito ha tendenze “Dem”), ma perché disprezza la realtà materiale a favore d’una irrealtà simbolica, astratta, e alla fine inesistente.
Non a caso ha abbracciato quale propria bandiera, come identitario e caratterizzante, uno dei casi più clamorosi di conflitto tra realtà e percezione: il transgenderismo.

Ebbene, ci si può benissimo opporre ai queer da posizioni materialiste e di sinistra. Ed è il mio caso. (Qui ho motivato in dettaglio, a un incontro con Arcilesbica, le ragioni di questa mia affermazione).
Dire che è la Terra che gira attorno al sole non è né di destra né di sinistra — anche se poi coloro che affermano il contrario tendono a essere di destra, fino al più bieco complottismo QAnon, perché è tipico della destra privilegiare l’Autorità, il testo sacro, la Bibbia, rispetto alla realtà materiale. Se il testo sacro e la realtà materiale sono in conflitto, allora è la realtà materiale ad aver torto!

Io, invece, dico l’inverso. Se la vostra ideologia e i fatti materiali cozzano, è la vostra ideologia ad avere torto. Se questo fa di me un fascista, ciò implica semplicemente che usiamo quella parola in modo diverso, e non che io sia tale. Il mio è banale, semplice, buon vecchio materialismo (storico).
E se davvero per essere di sinistra occorresse credere a un’essenza spirituale innata, immateriale, invisibile e indefinibile, come il “genere”, a quel livello per me tanto varebbe credere piuttosto all’anima immortale e al tizio con la barba bianca che abita sotto al soffitto delle chiese: almeno il cattolicesimo ha duemila anni di sontuosa cultura che il queerismo si sogna alla grande.
Fra Judith Butler, una mediocre retore incapace di fare un ragionamento senza contraddirsi sei volte, e un gigante di logica subtilior come Tommaso d’Aquino, non c’è proprio gara.

Il secondo motivo per cui non ho trovato utile tentare l’esperimento di LGB Italia è che LGB Aliance UK è una struttura creata da un’audace pattuglia di donne lesbiche, riutilizzando saperi e conoscenze organizzative derivate dal movimento lesbico dei decenni precedenti.
Ma questo in Italia esiste già, e si chiama Arcilesbica.
E sinceramente, l’utilità di fare un’Arcilesbica per i maschi gay mi sfugge totalmente.

Così stando le cose, perché tiro fuori il tema?
Perché di recente sono stato contattato, inaspettatamente, da due ragazzi ventenni esattamente con quell’idea in testa. E questo cambia un po’ la situazione.

Una cosa è infatti scoperchiare le tombe e cercare di resuscitare le glorie sepolte dell’idea di movimento LGB coltivata dalla mia generazione e da quelle immediatamente successive. Si tratta di un’operazione di nostalgia destinata a tornare nelle tombe. Quando un movimento politico ha fatto il suo tempo, niente può più resuscitarlo. Il movimento gay al quale ho dedicato la mia vita è oggi fondamentalmente inutile, perché ha ottenuto la gran parte di ciò che chiedeva.
Una cosa ben diversa è partire dalle motivazioni della generazione più giovane per cercare d’intervenire sul reale quale esso è, e non quale vorremmo che fosse.
Una delle motivazioni per farlo che mi ha colpito di più, nella conversazione con uno dei due “pionieri”, è la frase: “Mi sono reso conto di essere stato incredibilmente fortunato. Da bambino dicevo di voler essere una sirena. Se fossi nato solo qualche anno dopo, adesso sarei al Careggi“ (il più grande ospedale policlinico di Firenze; un reparto si occupa dei minori che soffrono di varianza di genere, N.d.R.).

Con queste due persone (una delle quali si è defilata quando ha scoperto che ero troppo poco cattolico, nel senso letterale, per i suoi gusti) ho discusso un po’ sul “cosa si potrebbe fare”.
La prima cosa, ho detto io, è verificare se e quanto sia diffuso il bisogno del “pioniere” (residuo) che mi ha contattato. Se siamo solo noi due, vabbè, abbiamo scherzato e amici come prima.
Ed è questo il motivo per cui sto scrivendo queste righe. Esistono altri maschi gay (per le donne, scusate se insisto, esiste già Arcilesbica) non della mia generazione (quindi, più giovani) che vorrebbero fare evolvere l’attuale situazione, e mettere un punto fermo alla moda genderologica, per parlare dei problemi effettivi delle persone gay e bisessuali? Se sì, a quali condizioni?

Da parte mia, io ci sono, ma a due condizioni:

  • Ribadire i contenuti della lotta del movimento lesbico, gay, bisessuale, implica non andare contro alle cose che esso ha sostenuto in precedenza. Le quali includono il diritto per chiunque di manifestare il proprio “genere” nel modo che preferisce. In termini più concreti: il “bambino-sirena” ha il pieno diritto di crescere come maschio “effeminato”, senza essere castrato con ormoni bloccanti, ma anche di manifestare, una volta adulto, la sua “sirenità” (o decidere, come il mio interlocutore, che farlo non lo interessava). L’idea che sesso di appartenza e “genere” debbano combaciare è tipica dell’eteropatriarcato, è vecchia di migliaia d’anni, e l’abbiamo combattuta come movimento LeBiGay e ovviamente anche Trans.
  • Fare una lotta per le persone LGB implica esattamente questo: lottare a favore dei diritti delle persone LGB. Non implica lottare contro le persone T e i loro diritti. Le persone e il movimento T sono portatori e portatrici di diritti, diversi dai nostri, ma comunque diritti. Il problema è che purtroppo a volte questi diritti confliggono, ma in tal caso andranno discussi e risolti come tutti i conflitti di diritti che emergono, di continuo, nella realtà materiale. Di sicuro, non con la rimozione delle istanze del mondo T perché farlo vorrebbe dire risolvere un problema creandone un altro. Un po’ come Israele ha risolto il “problema ebraico” creando il problema palestinese. Sai che guadagno.

Su tutto il resto possiamo avere opinioni diverse, ma questi due punti secondo me sono irrinunciabili. Libero chiunque di fare altrimenti, ma in quel caso quel “fare” non riguarda più me.

I gay di destra sono sempre esistiti, perché l’omosessualità viene “assegnata alla nascita” 🙂 con equanime imparzialità in tutte le classi sociali, in tutte le culture, in tutte le visioni del mondo. Il che include anche quelle di destra. E questo è un punto che nel movimento LGB testé defunto abbiamo sempre avuto chiaro.

Il movimento gay era solo un cerchio tracciato col gesso sul terreno. Tre cose caratterizzavano chi voleva collocarsi all’interno: l’identità omosessuale, l’orgoglio omosessuale, e la visibilità.
La prima perché se ti ritieni “non omosessuale” allora non c’entri con un movimento di liberazione omosessuale.
La seconda perché se ti ritieni omosessuale e ti vergogni come un ladro di esserlo, hai poco da portare a un movimento di liberazione omosessuale, se non i tuoi sensi di colpa.
E infine, la terza perché un movimento gay di “velati” che si riunisce nella catacombe, avrebbe zero impatto sulla realtà sociale. E in effetti, se abbiamo ottenuto qualcosa in questi decenni è stato perché ci abbiamo “messo la faccia” (e il nome).
Ebbene, chi era d’accordo con questi tre punti (e che “guarda caso” nel 95% dei casi era di sinistra) era nel movimento, chi era in disaccordo, ne era fuori.
Su tutto il resto, ognuno la pensava a modo suo, e votava per partiti diversi e seguiva progetti politici diversi.

E questa è sempre stato un punto di forza, e non di debolezza, del movimento LGB e anche di quello T: ricordo quando nel lontanissimo 1982 l’on. Andreotti, un democristianone cattolico, votò a favore della legge per la riassegnazione anagrafica del sesso.

A questi tre punti, vista l’evoluzione politica, dovremmo a mio parere aggiungerne oggi un quarto, quello che caratterizza questa nuova fase del movimento LGB: il realismo, ossia il convincimento del fatto che la realtà ha una esistenza “ontologica”, cioè che esiste indipendentemente dalle nostre “narrazioni”. (Come scrisse Philip K. Dick: “La realtà è quella cosa che continua a esistere anche che dopo che hai smesso di crederci“).
Quest’aggiunta è ora necessaria perché viviamo in un’epoca in cui l’ideologia prevalente, specie a sinistra, è il postmodernismo, che insegna che la realtà non esiste, e che ciò che chiamiamo con quel nome è solo una nostra “narrazione”. E che chi la pensa diversamente è un cosiddetto “essenzialista”, cioè una/o che crede che le streghe e i fantasmi esistano per davvero.
Ebbene, la realtà esiste, i fatti esistono (che ci piacciano o meno), streghe e fantasmi invece no, perché *fino a prova contraria* non sono fatti, e anche se la morte (o il sesso biologico) non ci piace, si tratta di un fatto e non di una narrazione.

Morte, fame, malattia, ingiustizia, oppressione, genocidio, sfruttamento, non sono solo “narrazioni”, idee che ci siamo ficcate in testa e che possono essere eliminate con magici abracadabra di parole, parole, parole. La disforia di genere esiste, e non può essere risolta con giochini con la schwa, ma neppure proibendo di parlarne, o di nominarla. Perché esiste indipendentemente dalle “narrazioni” (ogni rapporto fra realtà materiale e linguaggio, fra significato significante, è arbitrario e puramente convenzionale!). “Narrazioni” che servono solo a interpretarla, spiegarla, giustificarla, condannarla, studiarla, apprezzarla… servono a tutto, ma non a decidere se esista davvero oppure no.

Foto di Obscura Odessey per Unsplash

Il sesso biologico esiste, non è una narrazione, e non può essere in nessun modo cambiato, perché è inscritto in ogni nostra cellula. Se ne può cambiare la manifestazione esteriore, il cosiddetto “genere“, e questo anche mille volte, perché si tratta di una convenzione sociale e anche giuridica del tutto arbitraria, cioè di una stupida costruzione sociale. Ma il sesso, in quanto dato biologico, nella razza umana è immutabile.

Ora, che chi concorda con me lo faccia perché è un materialista marxista, o perché parte da un materialismo “tradizionale”, d’impostazione positivista, per me è indifferente.
Mi basta solo stabilire che per chi crede che le chiacchiere facciano sparire i fatti e che sia possibile camminare sulla testa c’è già il movimento queer; qui stiamo parlando d’un movimento che rimetta i piedi sulla terra e cammini con i piedi.

Personalmente, se dovessi decidere io (ma non sta a me decidere, chiaro) il mio primo obiettivo sarebbe bloccare la “terapia riparativa” collettiva contro i bambini e le bambine che un tempo sarebbero stati definiti pre-omosessuali, ossia attratti romanticamente dal loro sesso prima che la pubertà abbia dato inizio alla loro sessualità. E che oggi vengono “transati/e”, per farne brave personcine eterosessuali correggendo il sesso “sbagliato”, prima che abbiano un’età in cui la parola “sessualità” abbia ancora il minimo significato. Causando danni fisici permanenti, che dovranno portarsi dietro per tutta la loro esistenza.

Non sono contro la transizione di genere per gli adulti, sia chiaro, anche se raccomanderei maggiore prudenza visto che il fenomeno dei “regretters” sta assumendo dimensioni gigantesche, tuttavia vale anche qui il principio che si applica con i bambini con DSD (“intersessuali”): nessun intervento irreversibile non salva-vita prima della maggiore età. (E no, ovviamente la castrazione chimica fatta con gli ormoni “bloccanti” non è affatto innocua, e non è affatto reversibile, e non è affatto priva di conseguenze).

Foto di Stephanie Klepacki
per Unsplash

È possibile proporre un movimento che abbia a cuore i diritti delle persone con orientamento omosesessuale su queste basi?
Sì e no.
 perché lo abbiamo fatto per cinquant’anni, con una presenza nel movimento di persone T al massimo dello 0,1% (c’ero, quindi lo so: ciò che racconta la versione riscritta della storia, secondo cui il movimento LGBT lo hanno creato le persone T, è pura fantasia, “narrazione” nel senso in cui lo è “Cappuccetto Rosso”), quindi non si vede perché oggi non si potrebbe.
No, perché per dieci anni siamo stati bombardati dall’idea che “there is no LGB without the T“, il che implica che l’eteropatriarcato queer non ci consentirà di portare avanti richieste LGB, a meno che non ci facciamo carico noi del problema T.
Che invece non è, e non è mai stato, un problema LGB.
In effetti, è un problema del mondo eterosessuale, perché mette in discussione i ruoli di genere rigidi, secondo cui se sei una donna devi mettere la gonna, e se indossi una gonna allora sei una donna.
Imparare a capire che anche i maschi possono, se lo vogliono, indossare la gonna (il che comporta che indossare una gonna non fa di te una donna), è un problema del mondo etero, soprattutto maschile, e non del mondo LGB, che grazie a lesbiche “butch” e gay “ch*cche” lo ha sempre saputo.

Quindi possiamo aspettarci un’opposizione durissima alla tesi (un tempo scontata!) secondo cui le problematiche legate all’orientamento sessuale e quelle legate alla cosiddetta “identità di genere” stanno su pianeti diversi.

La società eterosessuale ormai ci considera di nuovo, come cento anni fa, un “terzo sesso”, un minestrone di “inv*rtiti”, in cui è logico, giusto e anzi doveroso che gay e trans e “intersessuali” ed “ermafroditi” ed “eunuchi” siano la stessa cosa. Un minestrone genericamente queer, una notte in cui tutti i gatti sono grigi, e in cui anche i cani bianchi sono gatti grigi.

Questo è il vero significato dello slogan “Non c’è LGB senza la T“. Non è uno slogan che parli di un “poter essere”, bensì di un “dover essere”: o ci accolliamo noi la questione T, o non ci permetteranno di esistere come movimento.
Ovviamente, dipende da noi disinnescare questo tentativo del mondo dei maschi eterosessuali di dettare (ancora una volta) la linea al mondo LGB, e al mondo delle donne.

Conclusione e appello finale:
se qualcuno concorda con questa mia analisi e vuole provare a partecipare al tentativo, mi contatti. Preferibilmente in privato: un precedente tentativo compiuto dai due giovani “pionieri” sui social media ha portato solo a un’invasione di fascisti, che sono riusciti a far saltare in aria la chat nel giro di due ore con invettive pesantissime contro le “femministe”, le TERF, le persone T e la qualunque. (Il che dimostra di chi siano davvero alleati i fascisti, ma lasciamo correre!).
Tutti hanno diritto a peccare d’ingenuità una volta, ma ormai su questo noi abbiamo già dato, grazie.