Dopo 20 anni dalla prima pubblicazione italiana, è tornato in libreria in una nuova traduzione Stone Butch Blues di Leslie Feinberg. La drammaturga, regista e ricercatrice Carmen Pellegrinelli ne ha proposto un’inedita versione teatrale in forma di monologo. L’abbiamo incontrata in occasione della performance milanese al Nolo Fringe Festival.
foto di apertura di Samanta Cinquini
Era l’autunno del 2004 quando assistetti a Milano alla presentazione dell’edizione italiana di Stone Butch Blues, pubblicata da Il Dito e La Luna nella traduzione di Margherita Giacobino e Davide Tolu. Aspetto severo, sguardo duro, quasi minaccioso, tono della voce calmo ma secco. Questo è il mio breve ricordo di Leslie Feinberg, che l’Editrice aveva invitato arrivando insieme alla compagna Minnie Bruce Pratt, sposata qualche anno dopo.
Il luogo dell’incontro era – si può dire – in sintonia con il tema del libro e il materialismo marxista di Feinberg: la ex Stecca degli Artigiani in zona Isola (sede di laboratori artigianali abbattuta per fare spazio al Bosco Verticale e a piazza Gae Aulenti, N.d.A.). Si trovava in via De Castilla, indirizzo noto per la vita notturna alternativa della comunità arcobaleno soprattutto collegata al circolo Querelle e a La Nuova Idea che per anni fu la discoteca LGBT più grande d’Europa.
Stone Butch Blues narra le vicissitudini di Jess Goldberg, nata donna negli anni Cinquanta a Buffalo, che combatte per trovare la sua identità e sopravvivere. Donna o uomo? È la domanda che perseguita la protagonista e il suo è un viaggio attraverso le identità e sul confine dei generi, prima donna poi uomo poi transgender…
L’espressione “stone butch” si potrebbe rendere in italiano come “lesbica mascolina di ferro”, per dare l’idea di un’espressione di genere molto marcata, ma nel romanzo le parole o identità o categorie come butch, femme, drag queen, transgender, uomo, donna vanno contestualizzate rispetto all’epoca in cui si svolge la trama e a quello della stesura del libro, perché adesso si potrebbe aprire un dibattito infinito e non esaustivo per ciascuna di loro.
Dopo la morte della Feinberg nel 2014 il testo è stato reso disponibile gratuitamente in lingua inglese per suo volere testamentario e scaricato più di 800.000 volte dal sito www.lesliefeinberg.net. È dedicato a CeCe McDonald, transattivista americana afrodiscendente incarcerata nel 2013 e oggetto di una campagna di sensibilizzazione contro la transfobia in USA. Entrambe le scelte sono esemplificative della vita di Feinberg, fermamente e politicamente dedicata a “cambiare il mondo nella lotta per la giustizia e la liberazione dall’oppressione”. Nel gennaio 2024 Stone Butch Blues è stato ripubblicato da Asterisco Edizioni in nuova traduzione di Matu D’Epifanio e Bea Gusmano dall’edizione del 2014 ed è possibile scaricarlo qui.
Il volume è senza dubbio un testo miliare del movimento LGBT e racconta molto del vissuto personale di Feinberg attraverso le vicende della protagonista Jess Goldberg, dall’adolescenza negli USA pre-Stonewall all’età matura del post-Stonewall (ancorché non sia da definire una sua biografia per sua stessa ammissione). È Leslie stess* a scrivere “Come la mia vita, il romanzo sfugge a ogni classificazione. Se lo cerchi in una libreria o in una biblioteca, in che settore lo trovi? Romanzi lesbici? Studi di genere? Come il romanzo Il pozzo della solitudine di Radclyffe/John Hall, questo libro è un romanzo lesbico e un romanzo transgender – dove ‘trans’ è sia un verbo che un aggettivo…”.
È significativo il fatto che in questi vent’anni da quella prima presentazione milanese Stone Butch Blues non abbia più incrociato momenti culturali del movimento LGBT italiano. Forse perché racconta un’esperienza troppo poco fluida? Troppo politicizzata? Troppo poco omologata? Troppo lontana dalle rivendicazioni attuali? Insomma ci sono voluti un paio di decenni per tornare ad ascoltare di Jess e dell’eroismo delle lesbiche butch (solo?) di quei tempi.
Però, prima della nuova edizione italiana su carta, nel 2023 ci ha pensato la drammaturga, regista e ricercatrice Carmen Pellegrinelli che con l’attrice Laura Mola ha realizzato uno spettacolo teatrale dal titolo Stone, liberamente tratto dal libro di Feinberg e presentato in anteprima nazionale al Teatro Caverna di Bergamo in occasione della decima edizione del festival Orlando.
La performance milanese si è tenuta al Nolo Fringe Festival a giugno del 2024 ospitata dal ristorante Dulcis In Fundo. Ammetto che ero partita piuttosto prevenuta ritenendo Stone Butch Blues un testo “sacro” e molto, troppo complesso. Un libro che testimonia una parte fondamentale della Storia LGBT e contribuisce alla ricerca della consapevolezza sia di lesbiche sia di persone trans: emozioni potenti e vissuti intensi che prima di Feinberg nessuno aveva raccontato e sono tuttora un memento per il futuro e un’idea del presente in alcuni paesi. Come concentrarlo in un’ora di spettacolo senza edulcorare o appiattire il testo?
Pellegrinelli e Mola ci sono perfettamente riuscite portando sul palco una versione che è un concentrato fedele e un’interpretazione leale, in grado di restituire con rispetto il susseguirsi di violenze, sopraffazione, emarginazione, eccessi, stereotipi ma anche di lotte, amori, innamoramenti, solidarietà, ricerca di sé vissuti da Jess e dalle tante figure della comunità LGBT presenti tra le pagine.
Carmen, tu hai un’esperienza importante di scrittura di teatro. Com’è nata l’idea di questo spettacolo?
È nata dal desiderio di Laura Mola di esplorare con la performance temi di genere. La proposta è stata sua e io l’ho colta al volo. Avevamo già collaborato precedentemente e all’inizio avevamo pensato di scrivere una drammaturgia originale che raccontasse l’esperienza di Laura. Poi, mentre stavamo ragionando sul da farsi, Stone Butch Blues ci ha guardato dalla libreria di casa mia. Lì ho capito che era quella la storia che dovevamo raccontare. Una storia capace di abbracciare la sua e la mia esperienza.
In che misura ritieni sia attuale il testo di Leslie Feinberg e in che misura ritieni non lo sia?
Lo ritengo super attuale perché è un libro fortemente intersezionale che abbraccia questioni legate al razzismo, al capitalismo, all’omofobia e alla transfobia. Inoltre penso sia un libro di formazione sempre attuale, perché nella dinamica complessa e composta della sua costruzione narrativa non offre delle soluzioni assolute e definitive. Insegna piuttosto a esplorare i propri possibili posizionamenti in dialogo a volte scomodo con i contesti che viviamo. Non trovo aspetti su cui non sia a oggi attuale.
Lo spettacolo fa parte anche di un progetto di studio sul tema del genere: vuoi spiegarci meglio?
Sì, e grazie della domanda. Con Laura Lucia Parolin, professora associata dell’Università del Sud della Danimarca e mia compagna, stiamo portando avanti un progetto di ricerca sulle soggettività queer attraverso la ricezione di Stone. L’idea è quella di capire come lo spettacolo risuoni nei corpi delle e degli spettatori e come possa diventare strumento per leggere e interpretare i nostri posizionamenti di persone lesbiche e queer. Prossimamente sarà pubblicato un primo nostro contributo sul volume Queer Joy as Resistance, curato dalle accademiche canadesi JJ Wright e Casey Burkholder per New York University Press.
Com’è stato accolto dalla comunità LGBT?
Lo spettacolo è stato accolto dalla comunità LGBTQIA+ con grande calore e commozione. È stato un modo per stringerci nella comunità, per farci comunità, e questo vorremmo continuare a fare. Ci siamo accorte come la memoria storica raccontata da Leslie Feinberg continui a toccare collettivamente corde profonde e ci conceda, com’è giusto, anche il piacere vivere quelle memorie, e piangere e rinascere insieme.
“Stone” sarà ospite all’Accademia Carrara di Bergamo il 29 giugno alle 20.30 all’interno dell’evento “More Love in Carrara” promosso dall’Accademia. L’ingresso è su prenotazione.