Per ogni singola lettera che compone la comunità LGBT è molto importante fare ricerca sulle proprie radici e riappropriarsi delle narrazioni che la concernono. La Storia scritta da uomini eterosessuali, infatti, ha spesso e volentieri cancellato, sotterrato o modificato come meglio loro conveniva le spesso poche informazioni disponibili. Un libro riporta alla realtà donne che amarono altre donne ribaltando molte situazioni.

foto: Vincenzo Vela, L’Italia riconoscente alla Francia (dettaglio), 1861-62

 

Per iniziare questa recensione prendo a prestito l’incipit del comunicato stampa di Breve storia delle donne queer di Kirsty Loehr, pubblicato in Italia dalla casa editrice Le Plurali. “Spoiler: no, non erano solo amiche. La Storia, si sa, la scrive chi ha il potere e a farlo è stato il patriarcato, cercando di invisibilizzare in ogni modo l’amore e la sessualità tra donne: un’irrispettosa e incomprensibile esclusione del genere maschile (no pene, no party!) Per questo le donne queer sono state cancellate dalla narrazione”.

All’inizio delle lotte di liberazione LGBT la parola ombrello che includeva o si riferiva a qualunque gruppo di persone all’interno dell’ora ben più lungo acronimo era “gay”, vocabolo che rendeva nascoste le soggettività lesbiche. Attualmente anche “queer” (termine polisemico che adegua il significato in base al contesto) può essere utilizzato similarmente come termine ombrello. Quindi con “donne queer” si può parlare di un ventaglio che va da donne lesbiche e bisessuali a donne transgender, alle attuali variabili di orientamento sessuale, espressione e identità di genere… Vi sembra complicato? Fatevene una ragione, è la contemporaneità.

Nella prefazione scritta da Frad, fumettista e comedian romana, autrice di Non facciamone un lesbodramma (ed. Asterisco), mi è molto piaciuta la citazione di Monique Wittig dal suo libro Il pensiero eterosessuale, e mi ha colpito l’uso del complemento di tempo determinato oggi. “Oggi, quando una donna si dichiara lesbica, ha un’identità e un sistema di credenze che l’aspetta, se sceglie di accettarlo”.

Attraverso un’interpretazione revisionista della Storia, Kirsty Loehr spiega che se si è arrivate a questo “oggi” è perché nello “ieri” e anche nello “ieri l’altro” ci furono tantissime donne che amarono altre donne, che magari per vari motivi non si dichiararono o si definirono o si identificarono come lesbiche, che però sono (state) rappresentate come fa(ceva) comodo al Potere che è in mano ai maschi ossia completamente invisibilizzate, salvo rare eccezioni in cui il pendolo della rappresentazione oscillava tra sessualizzazione al servizio della libido eterosessuale e condanna eretica.

Come racconta il documentario francese Lesbiennes, quelle histoire? della regista Marie Labory, moltissime donne che desideravano altre donne sono sparite senza lasciare tracce di sé, ma esistettero e per chi visse dopo di loro le loro esistenze sono state fondamentali.

Kirsty Loehr

La prima protagonista abilmente travisata dalle narrazioni generaliste che compare nel libro Kirsty Loehr non poteva che essere lei: Saffo che viveva nell’isola greca di Lesbo. “Si narra che la poeta Saffo abbia inventato la lesbica, in un qualche momento tra circa il 620 e il 570 a.C. Gli uomini all’epoca si scopavano tra loro già da un bel po’. Sappiamo che questa cosa è vera perché ne hanno scritto (gli uomini), l’hanno cantata (gli uomini) ed è stata incoraggiata (dalle donne disgustate dagli uomini). Da allora, gli storici hanno finto che Saffo fosse solo affezionata alle sue discepole in un modo del tutto non sessuale. Certo, può aver scritto oltre diecimila versi stupefacenti riguardo all’attrazione omosessuale, ma questo non prova niente, giusto?”. Basterebbe questo paragrafo a suffragare l’intera tesi dell’autrice, però lo straight washing, il presentare al pubblico un personaggio reale o fittizio gay o bisessuale come eterosessuale era solo all’inizio della Storia…

Scorrono i secoli e questo saggio ci fa viaggiare tra la Società delle orchidee d’oro in Cina e le navi pirata nei mari dei Caraibi; ci parla dell’alquanto repressa scrittrice tedesca santa Ildegarda di Bingen e della francese Bietris de Romans innamorata della sua vicina Maria Bietris; salendo ai piani alti della scala sociale di Cristina regina di Svezia e di Anne regina d’Inghilterra, Scozia e Irlanda; non mancano Anne Lister proprietaria terriera, imprenditrice e viaggiatrice famosa con il soprannome di Gentleman Jack e la cantante Billie Holiday.

Non potendo scrivere la lista complete di tutte le donne queer presenti, vi rimando alla lettura del libro scritto con uno stile volutamente non serioso e autoironico. Alla fine è presente una nota sulle fonti “Se avete voglia di un resoconto più serio della storia lesbica (senza allusioni sessuali e parolacce continue)”.

Breve storia delle donne queer è un intelligente prodotto di cultura pop con i pregi e i difetti del caso. Se la accettate per quello che è e non per quello che vi aspettereste che debba essere, può essere una lettura piacevole e un ottimo punto di partenza per approfondire l’argomento su altri testi. Dovendo ravvisare dei punti deboli questi sono i salti temporali perché il racconto non segue un filo cronologico e che è molto anglo e americanocentrico. Comunque in questi tempi sempre più scuri per la comunità arcobaleno recuperare come arma di difesa la frase “una risata vi seppellirà” male di certo non fa.