Costringendoci a rimanere chiusi in casa, la pandemia da Covid 19 intensificò i rapporti con noi stessi e le altre persone presenti nei medesimi spazi condivisi. Un dramma teatrale mette in scena le dinamiche di una coppia gay in doloroso triangolo con la malattia della depressione.
foto: Davide Maestri
Notte di Capodanno in lockdown, alcune ore prima della mezzanotte. Andrea e Leonard formano una coppia italoinglese sposata da dieci anni, che vive in un raffinato appartamento dove per scelta di scenografia ogni mobile è dipinto di grigio. Il primo è un drammaturgo e il suo ultimo testo è appena stato messo in scena in streaming, perché i teatri sono chiusi. Il secondo è un libraio che soffre della sindrome bipolare di tipo 2, un disturbo dell’umore caratterizzato dalla presenza di episodi depressivi maggiori, durante i quali si tende a scontrarsi con chi si ha più vicino, senza avere in contrappeso momenti di alta euforia anche maniacali, come nella sindrome bipolare di tipo 1 .
Andrea ha scritto la sua opera ispirandosi al compagno e alla sua condizione psichiatrica, che l’isolamento ha posto sotto una lente d’ingrandimento. Se il pubblico online ha profondamente apprezzato lo spettacolo, a Leonard, invece, qualcosa non è andato giù. Il fatto che il consorte si sia dimenticato di citarlo tra gli accorati ringraziamenti pronunciati in diretta diventa come una palla di neve che rotolando cresce fino a diventare una valanga emotiva incontenibile.
Preso dell’euforia del successo appena ottenuto, Andrea però non se ne rende conto. Lui vuole festeggiare e mentre cerca di sollecitare l’interesse di Leonard, il suo tentativo di seduzione diventa anche un’osservazione sulla trasformazione dell’amore col tempo.
Tra battibecchi e battute ironiche, reciproci rimproveri e avvicinamenti, gradualmente s’intromette tra loro il terzo incomodo presente in pianta stabile nel rapporto: un invisibile cane di nome Churchill, citazione di come lo storico Primo ministro inglese chiamava la sua personale depressione: il cane nero. Il grande statista vinse la guerra contro Hitler senza riuscire, invece, a sconfiggere questa malattia.
Il dialogo tra i protagonisti si fa sempre più concitato, salendo e scendendo a montagne russe fino alla rapida chiusura e riapertura del sipario, che crea un’astratta cesura tra un primo e un secondo atto durante il quale, in sospensione verso un finale sorprendentemente aperto, da un lato della scena Andrea si apre al pubblico in sala mentre dall’altro Leonard è in preda a una forte crisi.
Che sia per scelta consapevole come fece lui per amore, o dovendolo fare senza possibilità di scelta per senso del dovere od obbligo familiare, le difficoltà del vivere e come convivere con una condizione mentale grave non sono un argomento di cui si parla e che in generale si conosce o si vuole capire.
Vincitore in lingua italiana (ex aequo con Coccodrillo di Elise Wilk) nel 2021 della quarta edizione del premio internazionale Carlo Annoni, riservato a testi teatrali a tematica LGBT+ e sulle diversità nella sfera dell’amore al tempo della fluidità di genere, Tu sei la bellezza di Alberto Milazzo fu presentato in lettura scenica il 10 ottobre dello stesso anno in occasione della giornata della malattia mentale. Trascorso un altro anno, è stato portato in scena in prima nazionale al teatro Litta di Milano prodotto dalle Manifatture Teatrali Milanesi.
L’autore (qui la nostra recensione al suo libro La morale del centrino), che si è anche occupato della regia, durante la conferenza stampa ha raccontato che per sviluppare un’idea che maturava in lui da molto tempo sfruttò riferimenti personali e informazioni specifiche sul tema. Parlando della cura, invece, lui suggerisce di entrare in empatia: “In una relazione terapeutica va messa distanza; se l’altro è nella nebbia e ci vai troppo vicino entri nella nebbia anche tu”. La depressione diventa, infine, un espediente per parlare di relazioni umane, e del fatto che pur volendosi bene si fanno errori e ci si fa del male.
Per me sia il punto forte sia quello debole del progetto sono gli argomenti proposti, perché non si sostengono sufficientemente bene tra loro e sono tenuti insieme dall’ottima performance dei due attori. Giuseppe Lanino interpreta Leonard con le sue fragilità, la paura di essere abbandonato e il dolore che provoca fredda lucidità nell’osservare e descrivere il mondo di chi “sta bene”. Alessandro Quattro è Andrea, affabulatore e, pur se innamorato, manipolatore nel suo ruolo di caregiver (termine che camuffa un po’ anche il senso peggiorativo di badante), un creatore di arte bisognoso di sentirsi riconosciuto e quindi importante agli occhi del mondo.
Forse Tu sei la bellezza non spiega a fondo la depressione e lo stigma che la accompagna né approfondisce le dinamiche di una coppia omosessuale maschile, però ha l’indubbio pregio di alzare un velo “intersezionale” su argomenti che la cultura impone di tenere nascosti sotto lo zerbino. Anche la nostra comunità, in fondo, preferisce sentirsi rappresentata da unicorni che volano nel cielo in mezzo ad arcobaleni al posto di riflettere su come prendersi anche cura (sanitaria, economica, politica ecc.) gli uni degli altri e agire di conseguenza.
In quasi due ore (che condenserei un attimo) Alberto Milazzo ha costruito situazioni credibili narrando come se in tempi normali teniamo in equilibrio la vita la pandemia ha rimescolato le carte in tavola. Uno spettacolo indubbiamente interessante e molto apprezzato dal pubblico, che andrà in tournée nazionale nel corso del 2023.