Un eccitante romanzo ambientato nell’Inghilterra di metà Ottocento racchiude un discorso più vasto, valido anche ai giorni nostri, sulle questioni riguardanti il desiderio e la libertà. Non solo raffinate descrizioni delle varie possibilità di relazione carnale, anche l’amore alla fine può riuscire a trionfare.

 

Scrivere letteratura erotica, non racconti pornografici senza stile e senza classe, è un’arte alquanto difficile, dove un ricercato uso della lingua, intesa nel senso grammaticale del termine, è la chiave di volta che regge la qualità dell’intero impianto narrativo.

Per raccontare o descrivere tra le pagine di un libro le varie ma non infinite possibili combinazioni d’intrecci tra corpi, contatti tra organi sessuali o lati A con lati B, amplessi focosi o romantici e quant’altro, tenendo alta l’attenzione e non solo quella (in fondo lo scopo è quello di aiutare beneficamente l’onanismo) senza cadere nello squallido o peggio nella ripetizione noiosa bisogna, infatti, possedere un’eccellente padronanza del vocabolario.

 

A Giuliano Brenna va riconosciuta questa qualità, e raggiunge il bersaglio di attizzare l’interesse senza scendere mai nel volgare con il suo primo romanzo dal titolo Briscoe Hall (Virginia edizioni), il nome del protagonista principale.

Deliziando e stuzzicando la fantasia sin dalla prima pagina, la narrazione prosegue capitolo dopo capitolo con praticamente ogni possibile accostamento fisico tra persone gay ed etero (ma almeno un paio di episodi sono decisamente improbabili) e per quasi tutti i personaggi che questo ragazzo incontra: uomini o donne di ogni età e ceto sociale che senza pudori si allietano con o senza di lui e in qualsiasi posto sia all’aperto o al chiuso.

La storia si svolge nelle campagne del Dorset, contea nella parte sudovest dell’Inghilterra, durante la molto puritana e repressiva epoca vittoriana, che bandiva tutto quanto riguardava la sessualità e, come ne fece le spese Oscar Wilde, per il delitto di omosessualità si era mandati in carcere senza passare dal via o anche appesi alla forca.

Da che mondo è mondo però le “pubbliche virtù” si accompagnano ai “vizi privati” e Briscoe è un vigoroso adolescente che lascia la casa materna per rendersi indipendente trovando lavoro come stalliere presso il maniero del conte Chester Turner Davies, con cui si ritrova a fare un colloquio di lavoro che non lascia nulla all’immaginazione né lui minimamente turbato per come si svolge.

Il giovane ottiene il posto di aiutante dello scozzese Liam, accigliato mastro di scuderia dai capelli rossi che sotto uno strato ruvido nasconde un ponderoso carico di sofferenza e d’incapacità a lasciarsi andare emotivamente, oltre a un notevole asso di bastoni in mezzo alle gambe con cui Briscoe andrà a briscola…

Contrapposto assoluto di Briscoe è il biondo amico d’infanzia e sua prima cotta Willy che, bloccato dall’ambiente sociale, rifiuta gli impulsi “contro natura” che prova e si sposa per salvare la facciata ed evitare scandali condannandosi a un’esistenza di rispettabilità sociale e d’inesorabile morte spirituale.

A mescolare le carte in gioco sarà l’arrivo di Clifton, fratello minore del Conte che, come in Maurice di Edward Morgan Forster, s’innamorerà di lui e, per quanto lontano dalla sua condizione di nobile, manderà a monte un fidanzamento ufficiale affinché essi vivano insieme felici e contenti la loro favola.

 

Per conoscere la lussuriosa moglie e la figlia del conte e il loro acidissimo maggiordomo Fillmore, il cugino squattrinato cacciatore di dote, lo schietto cacciatore che gira tra i boschi (e altri interpreti ancora), e levare la maschera a come incrocino i loro desideri, vi rimando al testo davvero più che piacevole da leggere non fosse che per il raffinatissimo utilizzo dell’italiano.

Le spregiudicate scene di sesso che si succedono una via l’altra però oscurano, a mio avviso, un altro piano di lettura del romanzo più metaforico che ho scoperto e compreso solo penetrando in altre più dotte recensioni. Briscoe Hall, in effetti, può essere anche un libro “militante” che esprime l’importanza di scoprire senza tabù il sesso e le proprie personali forme di appagamento fisico tra persone adulte e consenzienti, evitando di doverle considerare un “vizio” o una forma di peccato.

Se Briscoe si vive le esperienze senza remore e, beato lui, senza tensioni nello scoprire la propria omosessualità durante la transizione alla vita adulta, lo fa però senza maturare una “coscienza di classe LGBT”, una questione che sarebbe semplicemente impensabile per il luogo e il tempo in cui si svolge l’azione.

È Liam, con il suo processo di crescita interiore che lo porterà a trovare il coraggio di rimettere in funzione il proprio cuore, il vero messaggero della forza rivoluzionaria dell’amore, da vivere senza ipocrisie o sovrastrutture, un muro ideologico che come comunità arcobaleno ci abbiamo messo lustri e lustri a smantellare, e il lavoro decisamente non si è ancora concluso.

La strada della libertà, qualsiasi essa sia, è costellata di ostacoli che la fantasia può aiutare a superare in un balzo ma che nella realtà possono essere macigni, interni o esterni a noi, che non si spostano così facilmente, perché magari ci troviamo bloccati in ruoli sociali o in luoghi geografici da cui può essere impossibile sfuggire nostro malgrado. Un buon libro comunque è da sempre un ottimo compagno di evasione.