Abbiamo intervistato Claudio De Tullio, dj italiano di fama mondiale legatissimo alle sue radici pugliesi, e insieme abbiamo parlato delle origini gay della musica house, di favolosità e di semplicità, e di una sua conoscenza personale che gli invidiamo molto.
Raccontano varie interviste che il giovane Claudio, lavorando nello storico negozio di dischi “Doctor Music” di Bari, iniziò a 16 anni il percorso che lo avrebbe portato a suonare musica in lungo e in largo per il pianeta, diventando un passo alla volta una superstar della consolle. Chi non frequenta le piste da ballo, invece, scoprirà il suo nome e cognome grazie alla secolare divinità gay Madonna, che lo sceglie come dj per allietare la sua festa di compleanno durante una vacanza in Puglia.
In occasione del Dragon’s Ball Party 2019 a Lubiana, serata conclusiva della Pink Week, un evento organizzato per promuovere la Slovenia come destinazione turistica LGBT friendly, ho avuto l’opportunità di incontrare Claudio e di chiedergli se era disponibile a rispondere ad alcune domande per Pridemagazine. Ci siamo finalmente incontrati a Milano dopo l’estate e questo è quanto ci siamo raccontati.
David Bowie cantava: “I am a dj, I am what I play”, sono un dj e sono quello che suono, quasi fosse solo un semplice “mettitore di dischi”. Ti riconosci in quest’affermazione o nel 2019 un dj rappresenta anche altro, e per chi non ti conoscesse ancora, come definiresti il tuo stile?
La scena adesso è cambiata parecchio e ci si divide in tre categorie: la vera superstar come i vari Calvin Harris, David Guetta ecc.; poi ci sono gli artisti che comunque tengono sempre in vita le vecchie tradizioni del dj, quindi ascoltano musica e lo fanno con passione; infine ci sono i cosiddetti “mettidischi” che sono i copioni che ascoltano la classifica dei dischi più ballati o più scaricati e mettono musica in questa maniera.
Oppure c’è l’Italian style gay, che in sostanza è mettere musica supertrash commerciale a base di icone pop e sigle di cartoni animati televisivi…
Ah, sì, sì (ride) anche se comunque, in realtà, soprattutto la scena della house music in America non è solo legata ma è proprio nata dalle situazioni gay con i vari maestri come Larry Levan, Dave Mancuso, Frankie Knuckles…
A proposito di Frankie Knuckles, soprannominato “il padrino della musica house” e che è il tuo modello di riferimento, ho scoperto in siti di cultura LGBT che era gay.
Eh, certo!
I siti generalisti, invece, si limitano a dire che fu un genio, censurando purtroppo le nostre narrazioni. Credo che tu lo abbia conosciuto.
Io l’ho conosciuto e ho suonato con lui a Londra al Ministry of Sound, dove gli ho fatto un mini warm up di venti minuti. Ero un ragazzino a una delle prime uscite all’estero, in una discoteca incredibilmente famosa, con un dj così influente. Mi ricordo soltanto che mi tremavano le mani! Fu una bellissima esperienza e un giorno molto importante per me, perché fu la sua ultima serata in vita ed è stato bello perché io ero con lui… Il giorno dopo purtroppo cercavo di contattarlo in quanto avevamo preso appuntamento per un pranzo prima della partenza ma la realtà fu più tragica.
Ci siamo conosciuti alla fine del tuo dj set al municipio di Lubiana. Ti ho chiesto un’intervista e tu sei stato di una cortesia incredibile, mi hai risposto: “Non c’è problema, molto volentieri”, e mi hai passato subito i tuoi contatti. In sintesi: sei gay e possiamo dirlo?
Certo che si può dire che sono gay. Non l’ho mai detto in un’intervista perché nessuno prima di voi me lo aveva chiesto. Sono nato gay (ride), da quando avevo due anni e giocavo con le bambole.
Ci concedi uno scoop mondiale!
L’ho sempre saputo di essere gay e lo sto dicendo a una grande rivista. È brutto quando una persona è gay o lesbica e si nega, è una cosa che non fa assolutamente bene. A me, inoltre, non piacciono molto le persone che si comportano da superstar, perché perdono un po’ troppo il controllo con la realtà. Io prendo sempre esempio da Madonna che posso dire personalmente che è umile e molto a contatto con i suoi fan e le persone che la amano. Lei non si nega mai per una fotografia se gliela chiedi in modo cortese. Lei è molto presente, questa è la cosa bella, e soprattutto è stata molto presente nella nostra comunità. Altre persone LGBT famose ci respingono, e io sono contro questo tipo di atteggiamento. Una persona molto famosa dichiarata può aiutare i ragazzi che hanno una difficoltà a integrarsi o a dirlo in famiglia.
Una tua frase che ho letto in un’altra intervista e che mi è piaciuta davvero tanto è “il rischio è indiscutibilmente una virtù dei grandi artisti”.
Esatto. Io ho letto una cosa bellissima sul film A Star is Born con Lady Gaga, dove c’è una scena che mi ha colpito tantissimo. Più l’artista è reale, più è se stesso, più è vero e più va avanti. Quindi è inutile negare la propria natura, non c’è niente di male. A me di quello che pensano gli altri non interessa proprio nulla.
La Tailandia promuove pubblicamente eventi dance gay come il White Party di capodanno o il G Circuit Songkran ad aprile per attrarre turismo LGBT. Barcellona con il Circuit Festival accoglie 70.000 persone per undici giorni a luglio. L’Italia sembra incapace di sfruttare questo tipo di opportunità. Come mai secondo te? Dove sbagliamo o cosa ci manca?
Non ero proprio a conoscenza di questo, è molto interessante. In Italia, in effetti, queste realtà non esistono ma secondo me l’Italia non è in generale sicura di voler attirare questo tipo di turismo. Io posso fare un paragone con la mia terra che è la Puglia, una realtà come Gallipoli…
Che noi a Milano ad agosto chiamiamo “Gayllipoli”…
Sì, Gallipoli stava andando alla stragrande, poi per colpa di qualche proprietario stupido, ma vorrei dire omofobo, si è riusciti a distruggere una piccola realtà che però portava un sacco di gente e di bel turismo un po’ da tutto il mondo. Secondo me l’Italia non è ancora preparata ad accogliere turismo gay.
Concordo in pieno.
Purtroppo non so dire cosa succede anche con il turismo in generale, eppure gli americani, gli inglesi… tutto il mondo ci ama: qui si mangia bene, i posti sono belli, ci sono begli uomini e belle donne, gente simpatica… In Italia manca una vera organizzazione, un posto dove ci si riunisce e, visto che stiamo parlando della nostra comunità, potrebbe essere un grande festival. A Fire Island, dove ho dei parenti che hanno la casa, ci sono situazioni pazzesche tipo festival in spiaggia.
Qualche idea?
Non direi, la situazione qui non si è ancora sbloccata. Ci sono tantissime belle realtà come locali notturni e organizzazioni ma non sono in grado di far spostare e raggruppare un certo tipo di persone dal mondo. Quando io ho una serata libera voglio andare in un locale gay, ascoltare buona musica, conoscere nuove persone o stare per i fatti miei, bere un drink… A Londra ci sono varie realtà, locali anche piccoli che fanno parlare di sé a livello mondiale e così attraggono molto pubblico, come la serata Horse Meat Disco all’Eagle la domenica, dove il mio amico Severino è il dj resident. È una serata gay dove ti garantisco che vanno anche persone etero e la musica è molto bella, ci si diverte con poco e l’atmosfera è molto easy.
Tu giri il mondo come una trottola e il tuo mestiere è anche come un passepartout che ti apre porte inaccessibili ai comuni mortali. Come si fa a restare con i piedi ancorati a terra dopo che si vive tutto questo eccesso di favolosità?
Ci riesco perché io sono così, sono reale e mi piace esserlo. Ho ricevuto un’ottima educazione da parte della mia famiglia e non mi va di cambiare. Molta gente mi dice: “Perché non te la tiri? Dovresti tirartela un po’”.
Hai tutte le carte in regola per poterlo fare…
Non lo faccio perché non lo so fare e perché non voglio essere diverso da me stesso, non mi interessa. Forse manco un po’ di furbizia? Io vedo Madonna, lei dimostra quello che non è sul palco ma quando poi la conosci è una persona molto semplice, molto umile. È chiaro che lo show è un altro discorso, e anch’io sono un’altra persona in consolle. Ma nella vita privata o quando sono a contatto con le persone non ha senso fare tutte queste stupidaggini, è fuori luogo.
Un’informazione che ti perseguiterà per il resto della vita è che sei stato il dj di una festa privata di Madonna, quando era in vacanza a Borgo Egnazia nella tua natia Puglia. In un podcast di una radio ho sentito che raccontavi che a un certo punto della serata ti prendi una pausa per andare in bagno, apri la porta e la mega icona è lì davanti a te. Io sarei svenuto davanti all’apparizione, ma cosa ci faceva lei nel bagno degli uomini o ti eri sbagliato tu?
No, mi ero sbagliato io! Eh, sono una regina anch’io scusami (ridiamo fragorosamente insieme). Sto scherzando naturalmente. Era una villa privata dove abbiamo fatto la sua festa e c’era soltanto un bagno. Nel momento in cui ci stavo entrando, ho beccato anche lei con il cellulare in mano. Con un viso malefico-buono, perché non è una cattiva, mi squadra e con il piede chiude la porta.
Io sarei morto e mai più resuscitato! Cambiando invece tema, in occasione dell’ultima giornata di lotta all’AIDS, 1 dicembre 2019, hai suonato per beneficienza all’evento organizzato da ASA a Milano. Ti era già capitato in precedenza e per quali cause?
Certo. Ho suonato a Londra per il World AIDS Day con tanti altri dj da tutto il mondo ed è stato indimenticabile per la grande atmosfera che si è creata in quella notte.